sabato 20 giugno 2009

Siamo gocce di un solo blu
A Guastalla di Reggio Emilia gli indiani mischiano l’acqua del Gange a quella del Po. Come a dire che siamo tutti gocce di un solo fiume, e solo a un folle verrebbe l’idea di separarle. Ugualmente folle è negare oggi l’idea di un paese multiculturale. La scrittrice indiana Laila Wadia spiega perché gli italiani dovrebbero prendere esempio dai sikh

Il Gange entra nel Po. Un'immagine dalla manifestazione "Un Po di Gange" del 2007
Tempo fa in Sudafrica un conducente d'autobus ordinò ai passeggeri di salire a bordo come al solito, bianchi davanti e neri dietro. “Ma l'apartheid è finito e ora siamo tutti blu, signore!”, protestò un bambino. “Va bene, allora i blu chiaro salgano davanti, i blu scuro dietro”, concluse il conducente. In Sudafrica questa è una barzelletta, ma in Italia (il paese che quest'anno ha la presidenza del G8) alcuni comuni stanno per approvare delle ordinanze che vanno nella stessa direzione. A quanto pare, l'italico popolo blu non verrà diviso solo in zone diverse dell'autobus, ma anche relegato in vetture separate della metropolitana.Peggio ancora, l'esistenza di questo popolo è stata negata da Silvio Berlusconi. “Non vogliamo un'Italia multietnica”, ha dichiarato il premier (nonché proprietario del Milan, che conta quattordici giocatori stranieri), raccogliendo gli applausi dei miopi, dei boia della crescita economica e culturale e di chi vuole spingere i barconi senza verificare chi trasportano.Immigrazione non vuol dire disordine: il blu è vita. Per fortuna l'opposizione, la chiesa e i cittadini di buon senso hanno risposto con forza che la multiculturalità è un valore. Gli indiani l'hanno capito a loro spese: prima della spartizione del subcontinente nel 1947, consentivano che l'acqua fosse venduta dagli ambulanti in recipienti separati, permettendo alla gente di scegliere se dissetarsi con acqua indù o con acqua musulmana.Memori di questa follia, i sikh indiani – che contribuiscono a tenere in piedi l'industria casearia italiana – mescolano le acque del Gange con quelle del Po come segno di arricchimento reciproco, in una suggestiva cerimonia che si svolge ogni estate a Guastalla, in Emilia Romagna. Quell'unione tra liquidi è la linfa di un paese che pensa al futuro, che pensa in grande. Il blu del magnifico fiume italiano è un amalgama di gocce preziose provenienti dalle sorgenti di tutto il mondo, dal Rio delle Amazzoni allo Yangtze. Negarlo significa prosciugarlo.
Laila Wadia è una scrittrice indiana nata a Mumbai. Vive a Trieste, dove lavora all'università. Il suo ultimo libro è Amiche per la pelle (e/o 2007).
Si ringrazia la rivista
Internazionale per la gentile concessione

mercoledì 27 maggio 2009

mi piace pensare che ci siano tante DONNE di PACE!
Susanna

Redazione del 26/05/2009 in Scuola - ALIFE.
Scuole italiane studiano e prendono come esempio il modello Agnese Ginocchio, cantautrice, testimonial e ambasciatrice di Pace di Terra di Lavoro.

Il gruppo di lavoro delle "Pari Opportunità" della Scuola di Portella - Vittoria (3° circolo didattico) in provincia di Ragusa (Sicilia) propone la condivisione di esperienze formative volte alla riflessione, alla conoscenza e all’ approfondimento della tematica: "La donna, ambasciatrice di pace".
"La motivazione - spiega Ginocchio - nasce dall’imperversare nel nostro territorio di immigrati, e dal bisogno mondiale di integrazione e scambio reciproco. A tal proposito - in occasione della ricorrenza dell’8 marzo, Festa della Donna, per dare un’impronta significativa a questo momento, all’insegna dell’educazione alla convivenza civile; nel rispetto, non solo della parità di genere ma, delle diversità culturali che oggi mettono in crisi il dialogo e la pace - si é voluta mettere in risalto la voce che meglio interpreta il dialogo interculturale. Quella voce oggi è quella la donna, in quanto la donna è simbolo di chi accoglie la vita, la protegge e la condivide. La percezione e il valore distruttivo di una guerra, è profonda più nelle donne che negli uomini. Uno sguardo particolare va alle tante donne immigrate, che in preda a solitudine affettiva, cercano di costruire per sé e per la famiglia un’esistenza dignitosa, anche se la realtà in cui sono inserite, spesso risulta inadeguata alla loro formazione culturale".
Il gruppo, suggerisce di avviare attività di ricerca, sulle figure femminili, che hanno avuto e che hanno, un ruolo di grande rilievo nell’opera di costruzione della pace. Sono sempre più le scuole e gli studenti in Italia che adottano nelle loro scuole nell'ambito di progetti di educazione alla Pace e alla Legalità (e tematiche correlate: antimafia, storia, giornata della memoria, ambiente, solidarietà, amicizia, sociale, etc..) i testi e le canzoni composte dalla cantautrice matesina.
"Caserta non é solo Gomorra e politica, - esclama Ginocchio - ma soprattutto riscatto, dignità e speranza del sud attraverso l'impegno dei suoi figli che ogni giorno lottano contro ogni forma di ingiustizia e di sopraffazione e di illegalità".

lunedì 25 maggio 2009

Mi piace l'idea della nave della legalità: sa tanto di viaggio con un bollettino ai naviganti che prevede mare mosso ma nave stabile perchè zavorrata agli ideali di libertà, onesta, uguaglianza e multiculturalità!

Susanna

FALCONE: GELMINI, NON TEMERE DI PARLARE DI MAFIA IN SCUOLE
"Non bisogna temere di parlare di mafia, di camorra, di criminalità organizzata nelle scuole. Per combatterla bisogna conoscerla". Lo ha detto il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, partecipando a Palermo, nell'aula bunker dell'Ucciardone, all'inaugurazione della giornata che ricorda il 17/o anniversario della strage di Capaci. Il ministro si è detto entusiasta di aver partecipato personalmente al viaggio con la Nave della Legalità che ha portato oltre 1.400 studenti e professori da Napoli a Palermo, e che, ha rilevato, "idealmente ha attraversato non solo quel braccio di mare, ma tutto il nostro Paese, con una grande energia, sprigionata da tutti i ragazzi che vi hanno partecipato". "La presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, conferisce un valore istituzionale altissimo a questa giornata, che è diventata un appuntamento irrinunciabile". Gelmini ha ricordato di aver promosso la materia di educazione alla cittadinanza nelle scuole e ha evocato l'idea di creare un concorso sulla legalità per le scuole. E' attraccata da pochi minuti al molo di Palermo la Nave della Legalità, il grande traghetto della Snav che ha condotto nel capoluogo siciliano oltre 1500 tra studenti, insegnanti, accompagnatori ,volontari, per dedicare una giornata alla memoria dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel giorno anniversario della strage di Capaci, 17 anni fa. A bordo tutti ragazzi che dall'inizio dell'anno scolastico hanno lavorato a progetti collegati al tema della legalità, mettendo candore, passione, fantasia e persino senso dell'umorismo al servizio del concetto che vuole il rispetto delle regole tra le basi fondanti della democrazia e terreno bruciato per tutte le mafie.Dalla grande bocca dell'imbarcazione sono usciti gli studenti con in testa uno striscione sorretto, tra gli altri, dal ministro della Pubblica istruzione Mariastella Gelmini e dal procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso con la scritta: "esistono uomini che vivono cent'anni con la testa chinata, altri soltanto un giorno con la testa in alto". La nave salpata ieri sera da Napoli ha ospitato il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, l'avvocato Fernanda Contri e Vincenzo Corticello, uno degli imprenditori siciliani che ha denunciato i suoi estortori e che ha per questo pagato con numerosi attentati.Il ministro Gelmini ha cenato al self service del traghetto insieme agli studenti e, dopo la proiezione del film inchiesta sul maxi processo alle cosche di Carlo Lucarelli, i ragazzi si sono assiepati per rivolgere domande ai protagonisti dell'incontro, ascoltando racconti e ricordi legati al periodo in cui Falcone e Borsellino lavoravano a Palermo ed erano protagonisti delle inchieste più scottanti. Fernanda Contri, che in passato ha ricoperto incarichi istituzionali, ha raccontato di Falcone aspetti inediti ma soprattutto ha evocato la sua solitudine di quel periodo, che lo vide bocciato dal Csm alla candidatura di procuratore di Palermo. "Giovanni disse che con quella bocciatura la sua condanna a morte era stata già firmata - ha raccontato Contri ricordando come il magistrato allora "non era davvero simpatico a tutti". Lo è diventato, ha aggiunto "quando è morto" ed é per questo che rivolgendosi ai ragazzi li ha esortati:"Cerchiamo di aiutare quelli come Falcone quando sono vivi! Noi abbiamo l'obbligo di testimoniare, ma il peso della lotta per la legalità passerà tutto sulle vostre spalle". Anche il procuratore Grasso ha ricordato tanti episodi di quando nel maxi processo era giudice a latere, o di quando incontrò , libero, uno degli oltre 470 imputati di cui doveva scrivere le motivazioni della sentenza di condanna. "Mi sentii scoraggiato - dice oggi - ma davanti a me c'erano due scelte, dire chi me lo fa fare, e fare ciò che dovevo. Ho scelto la seconda strada". Mentre la Gelmini ha invitato a non sottovalutare anche le piccole illegalità come ad esempio 'le raccomandazioni'', che, ha detto 'sminuiscono il merito'', Corticelli ha raccontato la vicenda della sua azienda mettendo in guardia dai facili entusiasmi: 'Non tutti coloro che denunciano il racket poi lo fanno davvero - ha detto - ma va acnhe sottolineato che lo Stato talvolta fa sul serio: nel mio caso, i tempi di arresti e processi sono stato brevi, lunedi' prossimo ci sarà l'appello e con le prime condanne lo Stato ha dato ilo segnale che ci dice di poter avere fiducia nelle istituzioni".

giovedì 21 maggio 2009

E' tutto l'anno che attendo un bel riconoscimento dal Ministro Gelmini in merito all'impegno che noi docenti rivolgiamo all'insegnamento di Educazione alla Cittadinanza.
Eccolo , finalmente!
Susanna

NEWS
20/5/2009
Gelmini, l'educazione alla legalità deve partire dalla scuola

ROMA. Il Ministero dell’Istruzione sta ragionando sull’ipotesi di un concorso sul tema della legalità destinato agli studenti. Lo ha annunciato il ministro, Mariastella Gelmini, al termine della cerimonia di consegna del premio Libero Grassi, che si è svolta questa mattina nella sede della Confcommercio a Roma. «Mi piacerebbe - ha detto Gelmini - lanciare nelle scuole un concorso per lanciare nelle scuole un concorso e premiare i migliori progetti sull’educazione alla legalità. Vedo con piacere - ha aggiunto - che c’è un grandissimo impegno da parte di insegnanti e dirigenti scolastici per promuovere l’educazione alla legalità e al rispetto delle regole». «Esiste già - ha spiegato Gelmini - un concorso analogo ma è dedicato all’educazione ambientale, stradale e alla sicurezza. Forse varrebbe la pena di dedicarne uno esclusivamente alla legalità». «È dalla scuola che deve partire l’educazione alla legalità». È quanto sottolinea il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini «La cultura della legalità deve anche richiamare gli adulti alla responsabilità di essere coerenti testimoni di vita, per la difesa del futuro dei nostri giovani», esorta il ministro. La Gelmini ricorda che «Libero Grassi è stato un esempio coraggioso e forte di lotta alle mafie e di battaglia per la libertà, di grande volontà a non arrendersi, di orgoglio contro i soprusi. L’iniziativa a lui dedicata -con la premiazione dei lavori di tre istituti didattici di Milano, Benevento e Palermo per altrettanti spot sui temi della lotta alla mafia, della tutela dell’ambiente, della sicurezza sul lavoro- prova che la scuola è il luogo ideale per insegnare la convivenza civile ed educare alla cultura della legalità, sviluppando un forte senso di appartenenza alla comunità». In tal senso, va anche «l’introduzione sperimentale di un’ora di Cittadinanza e Costituzione, che non sarà la vecchia Educazione Civica ma insegnerà in primo luogo il valore della legalità, con la scuola che si apre all’esterno richiamando la corresponsabilità di tutti, anche di chi non opera all’interno del sistema scolastico». Sono tre le scuole che hanno ottenuto il riconoscimento Libero Grassi 2009. Il premio, giunto alla quinta edizione, intitolato all’imprenditore siciliano ucciso dalla mafia perché si rifiutò di pagare il pizzo, è finalizzato alla promozione dell’impegno sociale contro la mafia e il racket. A organizzarlo sono Solidaria Onlus e Confcommercio. Il bando di concorso quest’anno prevedeva la realizzazione di una sceneggiatura. I tre lavori selezionati sono stati trasformati in spot televisivi. A vincere sono state la scuola elementare Quarto circolo di Benevento, la scuola media Daniela Mauro di Pessano con Bornago, in provincia di Milano e l’istituto commerciale Salerno di Gangi, in provincia di Palermo. Alla cerimonia ha partecipato anche il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso: «La lotta contro la mafia e la criminalità organizzata comincia dalla scuola - ha sottolineato - e queste iniziative sono molto importanti per costruire la cultura della legalità».

mercoledì 20 maggio 2009

I giovani incontrano la legalità

Mi è giunta notizia di questa bellissima iniziativa che aiuta i ragazzi a capire e vivere la legalità.
Susanna

19 maggio 2009
La legalità vista dagli studenti

Sono stati diversi, negli ultimi tempi, gli incontri cittadini che hanno messo al centro dell'attenzione i valori della legalità e dell'antimafia. Li raccontiamo attraverso le parole ed i sentimenti di alcune persone che vi hanno preso parte.L'ultimo incontro in ordine di tempo si è svolto il 14 maggio scorso nella Scuola Media Statale “A.De Gasperi”, presieduta dal prof. Tommaso Miccoli ed alla presenza di un folto pubblico di genitori, docenti ed allievi. Si è trattato di un interessante seminario sul tema “Progetto: l’antimafia entra nelle scuole. Il valore della legalità”. Presentati dalla referente alla legalità, prof.ssa Rossana Terzulli, sono intervenuti l’assessore alla P.I. e Servizi sociali Franco Caputo, e l’assessore alla Polizia urbana Carlo Roselli, che hanno ribadito il proprio impegno ad estendere nel prossimo anno scolastico a tutte le scuole cittadine la possibilità di realizzare il progetto “L’Antimafia entra nelle scuole”. Il progetto, coordinato dal noto scrittore criminalista Michele Cagnazzo, autore del libro – inchiesta “Mafia senza confini”, che ha trattato i temi legati alla criminalità organizzata ed alla mafia è stato realizzato dagli esperti prof. Vito De Leo, che ha trattato i temi della legalità e della cittadinanza attiva e dall’avv. Marianna Aloiso, che si è soffermata nell’analisi dei diritti e dei doveri sanciti dalla Costituzione repubblicana. Il seminario ha rappresentato, quindi, la terza tappa del percorso che ha visto impegnati gli alunni di due classi terze, partecipare anche al corteo nazionale tenutosi il 19 marzo scorso a Casal di Principe in occasione dell’anniversario della morte di don Peppe Diana, ucciso dalla camorra. I vari relatori, sia durante le lezioni che nel seminario, hanno cercato di rispondere, da angolazioni diverse alla domanda: come promuovere l’educazione alla legalità? La famiglia, la scuola e le istituzioni sono fondamentali in questo processo sinergico, che deve partire sin dalla primissima infanzia.
La famiglia deve impartire modelli di comportamento positivi e rispettosi delle regole degli altri. La scuola deve proseguire in questo compito perché è nella scuola che i ragazzi cominciano a confrontarsi e ad interagire con gli altri. L’Ente locale deve promuovere circuiti di comunicazione sociale per favorire la promozione dei diritti, la qualità della vita, lo sviluppo e la realizzazione individuale. Se avremo capito tutto questo, sarà facile costruire un mondo basato sul benessere, sulla sicurezza, sulla libertà. Attraverso le lezioni dei docenti curriculari, degli esperti del pool del progetto, dello scrittore Michele Cagnazzo, in conclusione, è stato lanciato un monito: il vero nemico da combattere non è la povertà o la penuria di risorse, ma quel “vuoto pneumatico” che genera alienazione e regressione e che s’identifica non, ad esempio con l’assenza di un’istituzione scolastica, bensì con l’abbassamento della scuola a recinto che strappi i ragazzi dalla strada, pur repilicando in sé, pericolosamente concentrate, le medesime dinamiche bulliste e mafiose. Facciamo nostro l’invito scritto sul tabellone posto alle spalle dei relatori dagli alunni e dai docenti della Scuola Media “A.De Gasperi”: “Scegliere: restare sudditi e vittime o divenire cittadini responsabili e attivi? Serve anche la tua mano per sconfiggere il male e l’indifferenza”. Andando più indietro nel tempo arriviamo all'incontro - di cui vi abbiamo già raccontato nelle scorse settimane - che Rita Borsellino, sorella dell'indimenticato giudice Paolo Borsellino barbaramente ucciso dalla mafia, ha avuto presso il Liceo Classico.Torniamo su quella giornata volendola guardare dal punto di vista di uno studente che ha ascoltao le parole della signora Borsellino.«Ero un po’ nervoso ed ansioso di conoscerla - racconta Giuseppe Cannillo, studente della V D – I.P.S.S.C.T.S. “Tandoi” - . Così il piacere è stato immenso quando l’ho incontrata: Rita Borsellino. Volevo partecipare a tutti i costi a questo evento. Così insieme ad alcuni miei compagni dell’Istituto Professionale Statale “Tandoi” il giorno 24 marzo mi sono recato presso il Liceo Classico di Corato dove ho potuto notare da subito il suo coraggio nel parlare della mafia e di raccontare della perdita del suo caro fratello Paolo.Rita è una donna normale che quel giorno parlava tranquillamente con noi alunni. Emanava simpatia, dolcezza e semplicità nei confronti di chi si fermava a porle domande. Mi sono stupito della sua personalità e della facilità con cui ha condotto questo incontro.
Tra l’altro aveva già tenuto un incontro di 2 ore con altre classi nella prima mattinata. Eppure non ha mostrato segni di stanchezza. Ha descritto quel fatidico 16 luglio 1992 dell’assassinio del fratello (sono già passati 17 anni!) e della protesta dei parlemitani nei giorni seguenti, quando si è creata una sensibilizzazione contro la mafia, attraverso la visibilità di lenzuoli bianchi sui balconi. Con un grande applauso abbiamo ricordato gli agenti di scorta che sono deceduti insieme con Paolo. L’arresto di Totò Riina, Provenzano e i Lo Piccolo sono “batoste” alla mafia, ma non è ancora del tutto vinta. “Non ho provato né odio né rancore verso gli assassini. Anche mio fratello era lo stesso. L’ho imparato da lui!”: così Rita si esprime nei confronti degli autori dell’attentato. Si potrà sconfiggere la mafia? Abbiamo degli strumenti idonei a farlo?» Il 25 marzo poi, presso l'istituto professionale, è stata invitata per un incontro l’Associazione “Libera” di don Sandro Ciotti, che si occupa proprio di mafia e di come utilizzare al meglio i beni confiscati dalla mafia con progetti di vario tipo. «Lo scopo di questo incontro - continua Cannillo - è stato quello di sensibilizzare giovani della mia età a questo fenomeno, soprattutto quando ho ascoltato due episodi strazianti di genitori che hanno perso i loro rispettivi figli sotto i propri occhi durante sparatorie tra clan mafiosi. Vorrei poter stringere loro la mano per dimostrare la mia vicinanza.
Sono rimasto contento del come poi i beni della mafia confiscati vengano utilizzati dallo Stato attraverso associazioni umanitarie e/o cooperative per il recupero di ragazzi abbandonati, giovani senza lavoro o famiglie disagiate.
In questo modo si tagliano fondi e sussistenza alla mafia e si destinano questi a beni benefici per la società intera e non solo per alcuni.
Vorrei concludere con le parole di Rita: “Questo mondo che ci appartiene è anche di voi giovani e sono convinta che riusciremo a sconfiggere la mafia grazie alle nostre decisioni; quindi dite ‘No!’ alla mafia e ‘Sì!’ per un mondo pieno di pace e di amore!”»

martedì 19 maggio 2009

Stamattina, nella mia scuola, abbiamo organizzato un incontro con il vice-questore di Verona, Dott. Trevisi. Tema dell'incontro l'analisi del suo libro dal titolo "Fogli di via", nato dalla sua esperienza di responsabile dell'ufficio immigrazione della nostra Questura. All'inizio del suo intervento, egli ha focalizzato l'attenzione su tre concetti fondamentali: bisogna essere analfabeti, un po' strabici, e credere nei sogni. Ha quindi spiegato ai nostri giovani che cosa intende per analfabeti. Essere analfabeti vuol dire dimenticare tutto ciò che abbiamo imparato ieri e metterci in una posizione di scoperta continua dell'altro, come quando impariamo delle nuove parole che il giorno prima non sapevamo. Bisogna essere un po' strabici perchè con un occhio dobbiamo vedere avanti ma con l'altro dobbiamo guardare al marciapiede di fronte, dobbiamo notare l'altro che ha bisogno di noi e dobbiamo essere attenti. L'ultimo suggerimento è quello di sognare, non stancarsi mai di farlo perchè, se si sogna, prima o poi i sogni si avverano.
E' stato varamente un bell'incontro in cui gli allievi hanno posto domande riguardanti l'accoglienza del diverso, del cittadino straniero. Mi ha molto colpito il fatto che egli vicino alla nazionalità di ogni straniero ci mettesse sempre la parola, cittadino.
Il mio augurio, per tutti noi, è che ci siano tanti Dott. Trevisi che sappiano gestire la legge con amore e rispetto.
Susanna
Bella iniziativa anche se siamo molto lontani da ciò che significa integrazione!

Musulmane in piscina.
Centro sport Palladio: spazio alle islamiche di domenica pomeriggio
«Complessa l'organizzazione», spiega il direttore Milocco.
La psicologa: «Integrazione? Intanto sono uscite da casa»
19/05/2009

Il Centro Sport Palladio, nella cui piscina le donne islamiche hanno ottenuto l'utilizzo in esclusiva
Vicenza. Le vie dell'integrazione conoscono molti sentieri. Alcuni impervi, altri in discesa, altri ancora impercorribili. Ma ogni tanto arriva anche qualche segnale incoraggiante. Magari inaspettato e, forse, di non facile lettura. Sta di fatto, che questa volta, la via dell'integrazione porta direttamente negli impianti di via Cavalieri di Vittorio Veneto e precisamente al Centro sport Palladio. Alcuni mesi fa alcune donne, tutte di nazionalità islamica, hanno chiesto di poter usufruire della struttura, in tempi ed orari in cui non ci fosse nessuno. In sostanza volevano restare sole, senza occhi maschili che le guardassero e probabilmente, ma questo non lo sapremo mai, nemmeno da altri occhi femminili che riflettono dettami di una religione diversa. «Onestamente - spiega il direttore Luca Milocco - la richiesta non ci ha stupito più di tanto: è stato solo un po' laborioso assecondarla, anche perché il tutto è avvenuto quando il centro era chiuso: la domenica pomeriggio».In realtà, il Centro sport Palladio è già noto per lo spazio che lascia alle convention della chiesa Pentecostale oppure per le feste del popolo indiano. «E finora - aggiunge il direttore - non abbiamo mai avuto problemi. Arrivano centinaia e centinaia di persone e sono tutte molto rispettose». Ma torniamo alle trentina di donne, tutte rigorosamente musulmane, che hanno chiesto di usufruire di una parte del palazzetto e si sono fatte sistemare una rete da pallavolo. «Evidentemente era lo sport che praticavano in patria, poi nessuno è rimasto a guardare... Un po' più complesso da organizzare il pomeriggio in piscina. Anche perché un assistente a bordo vasca è obbligatorio, me lo impongono prima il buon senso e poi la legge. Per cui abbiamo dovuto chiedere ad una ragazza di fare qualche ora di straordinario. Sappiamo che si sono immerse vestite come, probabilmente, la loro religione prevede. Certo, non possiamo chiudere la piscina per far spazio solo a loro - aggiunge ancora il direttore - ma se ce lo chiedono in via del tutto eccezionale quando gli impianti sono chiusi, siamo ben contenti di collaborare». Ma come leggere questa richiesta di privacy? Integrazione, ghettizzazione, uno schiaffo alla multiculturalità? «Il primo ragionamento che mi viene in mente - sostiene Fatemeh Bohloli, iraniana, psicologa e residente in Italia da 25 anni - è che queste donne volevano uscire da casa e dedicarsi qualche ora. Questo è un segnale importante. Si sono staccate dai loro uomini, stanche di vivere, magari segregate. Poi, mi verrebbe un'altra domanda: ma farebbero il bagno se in piscina ci fossero altre donne? Se la risposta fosse sì, sarebbe integrazione, se fosse no, i passi da fare sarebbero molti...». A Bergamo, l'idea di prenotare un'ora alla settimana la piscina per le islamiche ha fatto gridare allo scandalo: la Lega ha alzato il tiro contro l'integrazione, la diocesi è stata fautrice dell'iniziativa. A Vicenza? A pagamento si fa tutto.
Chiara Roverotto